Archivio | Luglio 2020

INCONTRI DI PACE “Il ruolo della Comunicazione e dei Media nel tempo della Pandemia” con UPF Italia

Il 5° webinar della serie “INCONTRI DI PACE” organizzato da UPF Italia con la collaborazione di WFWP Italia e IMAP, è stato seguito con interesse da 350 partecipanti in diretta, inclusi  partecipanti su diretta streaming sulla pagina Facebook UPF Italia e sul canale “ECO dei PALAZZI” che trasmette all’interno degli ambienti istituzionali di Camera e Senato. Il tema conduttore dell’incontro è stato “Il ruolo della Comunicazione e dei Media nel tempo della Pandemia”.

Hanno partecipato in qualità di relatori: Prof. Marino D’Amore Sociologo della Comunicazione Università Niccolò Cusano – Dr. Marco Respinti (Giornalista, Direttore Responsabile di “Bitter Winter”) – D.ssa Carmen Lasorella (Giornalista) Dr. Francesco Fravolini (Giornalista, membro consiglio direttivo ENTD Ente Nazionale per la Trasformazione Digitale e l’Innovazione). Moderatore dell’incontro Dr. Fabrizio Annaro  (Giornalista Direttore di “IL DIALOGO DI MONZA – La provocazione del bene”).

L’incontro è stato presentato da Gabriella Mieli con il saluto ed introduzione al tema di Elisabetta Nistri, presidente di WFWP  come co-sponsor; Carlo Zonato presidente UPF Italia ha presentato il progetto IMAP con proiezione di un breve filmato ; Franco Ravaglioli Segr. Gen.le UPF Italia ha introdotto le domande ai relatori mentre l’aspetto tecnico e di regia è stato condotto da Giorgio Gasperoni direttore responsabile di Voci di Pace.

Alcuni passaggi significativi degli interventi:

Elisabetta Nistri, ha aperto l’incontro ricordando quanto il lavoro dei giornalisti sia stato importante proprio durante il lockdown ed i tg erano diventati la nostra finestra sul mondo proprio perché non potevamo avere più contatto con la realtà fuori di casa. Dopo il primo periodo dei tam tam dalle terrazze al ritmo dello slogan ANDRA’ TUTTO BENE, siamo passati alle bare che sfilavano sui camion per raggiungere altri paesi perché BG non poteva accoglierne più, fino ai bollettini di guerra con i numeri dei morti, ricoverati in terapia intensiva e guariti di ogni giorno. Tanto che molti hanno cominciato a spegnere la tv e non ascoltare più i tg. A questo punto rivolgendosi ai relatori si è domandata se fosse possibile spostare l’attenzione a volte persino morbosa dal problema alla possibile soluzione e riportare anche i tanti esempi virtuosi che hanno avuto successo. I media hanno veramente il potere di condizionare l’opinione delle persone, e potrebbero essere uno strumento per veicolare messaggi costruttivi e propositivi.

Prof. Marino D’Amore: Comunicazione inclusiva, moral media sono tutti termini molto azzeccati specie in questo tempo. Per un sociologo come me questo tempo della pandemia è stata una occasione di studio e di confronto. Ho coniato in questo periodo il termine “Infopandemia”, proprio per l’incredibile sovraccarico di informazioni spesso contrastanti tra loro, quasi a pensare alla malattia dell’informazione (tossica) che spesso ha creato delle dissonanze cognitive. La stessa comunicazione scientifica è stata spesso contrastante al suo interno. Nessuno ha pensato di strutturare una comunicazione incentrata sulle misure di contenimento rispetto al troppo esagerato allarmismo. Come detto nel filmato la parola o la “penna uccide più della spada” e naturalmente il martellante quotidiano accenno al virus mortale e alle morti hanno determinato nell’immaginario un marchio a fuoco impresso nel profondo della sfera emotiva. Siamo in una società dell’immagine e nel pieno della stagione digitale che amplifica in modo esponenziale l’effetto allarmistico; fake news da un lato e infondate informazioni di ipotetiche cure non fondate, hanno contribuito alla massima confusione; grande visibilità ma quasi nulla veridicità. L’informazione in realtà dovrebbe contribuire a passare un senso di unità mentre il sensazionalismo provoca chiusure e individualismi esasperati (ricordiamo le immagini di persone che forzavano i blocchi per prendere treni etc. non consapevoli che potevano produrre maggiore danno collettivo). Altro aspetto dell’effetto comunicazione è stato il fatto che l’Italia da paese contagiato è diventato contagiante per poi diventare un caso di studio quando invece il virus, che non conosce confini, è esploso nelle altre nazioni. E’ purtroppo mancata una condivisione sinergica della comunicazione e degli interventi, una sorta di “pancomunicazione” partecipata e condivisa, sia tra mondo scientifico che istituzionale. Ha prevalso una forma di “comunicazione tossica” invece che una “comunicazione sinergica”. Una task force di livello internazionale ben strutturata e mixata tra area medica, istituzionale, psicologica e mediatica avrebbe potuto mitigare certi effetti estremi a favore di una gestione più controllata della situazione. Anche ora in una fase in parte superata il focus si sta spostando dal virus alla crisi economica ma anche qui stiamo assistendo ad un deficit di comunicazione che tende troppo alla spettacolarizzazione che ad essere seria, puntuale e chiara.

Dr. Marco Respinti: Mi ritrovo molto nelle riflessioni poste nella precedente relazione. Anch’io rimango della convinzione che nella comunicazione abbia prevalso un aspetto di spettacolarizzazione generando una forma che è stata definita di “informazione tossica”. In realtà non sappiamo ancora oggi in modo compiuto di cosa stiamo parlando rispetto al virus; ci si è mossi quasi come fossimo dentro ad un tunnel. In questa confusione è mia opinione che un ruolo decisivo lo abbia determinato la comunicazione relativa alla Cina, ovvero quella comunicazione che è pervenuta dalla Cina e che non è stata adeguatamente gestita o valutata. La Cina purtroppo è un paese totalitario che non conosce il senso più pieno della parola libertà e che reprime ogni dissidenza di qualunque forma. Questo paese ci ha tenuto per un po’ di tempo nascosto la chiara informazione di cosa stava avvenendo. Non faccio e non sono complottista ma sicuramente la Cina ha saputo molto tempo prima circa al virus rispetto a quando lo abbiamo saputo noi. Quindi si è trattato di una informazione ritardata. Noi sappiamo per certo che i primi medici che avevano cercato di denunciare quanto stava accadendo sono stati denunciati e silenziati sotto minaccia. Ci è stato tenuto nascosto forse troppo rispetto a quello che era necessario sapere. Questo con la complicità di organismi quali la OMS purtroppo che nel primo periodo si è appiattita sulla versione informativa della Cina. E questo tipo di informazione l’ho vista mancante nel nostro ambito italiano. Ancora oggi non sappiamo davvero quante siano state le vittime in Cina. E’ una realtà nella quale i morti per repressione rimane un segreto di stato, come ci si può fidare del loro livello di informazione? Io mi sento un po’ come l’ultimo dinosauro perché credo ancora nella verità delle cose e che il nostro mestiere debba avere a che fare con la stessa verità. Questo è quello che io credo; lo dobbiamo ai nostri stessi lettori. Io mi sono trovato a Seul quando è stato lanciato il progetto IMAP, un “tour de force” impegnativo ma entusiasmante e ciò che mi è rimasto sono le stesse parole evocate nel filmato iniziale “colpisce più la penna che la spada” e in questo vi è una dimensione etica dell’informazione; magari dirlo è fuori moda ma io continuo a farlo perché l’informazione deve riguadagnare il suo ruolo morale ed etico.

D.ssa Carmen Lasorella: Sono stata corrispondente di guerra per 10 anni quindi conosco bene le situazioni di rischio. Questa crisi pandemica è stata per l’informazione una occasione mancata e soprattutto ha segnato un declino della democrazia. E’ evidente che la Cina è un paese totalitario, ci sono stata molto tempo in quella situazione di finta democrazia. Potere finanziario e potere economico, purtroppo questi sono i poteri che  dettano  le regole, anche rispetto all’informazione . In realtà prima ancora che la Cina diffondesse informazioni erano circolate notizie circa il potenziale virus ma l’informazione non ha fatto il suo corso. Io mi sono trovata in molti ruoli di responsabilità e ho sempre cercato di non assuefarmi ai cosiddetti centri di potere, pagando anche di persona. Però l’esperienza vissuta mi ha messo anche nella condizione di riflettere che bisogna saper misurare bene le parole, proprio per i danni che può fare una informazione distorta o frettolosa. Parlando della pandemia, al di là del complottismo, ci sono determinate cose che lasciano perplessi sulle cause stesse del virus. Di fronte al non avere chiara la situazione si è scatenato mezzo mondo ma ci sono stati anche grandi silenzi. La comunità scientifica non si è voluta esprimere. Come si può fare informazione seria sentendo questo e quello? Abbiamo certo esperti di fama però tutto si è fermato nelle “mura di casa”, non si è andati a vedere “fuori”. E purtroppo nella lunga fase iniziale la televisione pubblica emanava bollettini quotidiani con una modalità terrificante passando messaggi orrendi che annichilivano categorie di persone come gli anziani. Solo troppo più avanti si è cominciato a chiarire che era stato depauperato il servizio sanitario pubblico favorendo quello privato. Si è quindi creata una frattura importante tra il mainstream della televisione pubblica ed i giornali. E’ mancata fortemente in quella fase la riflessione che è quella che ci fa crescere e che ci rende liberi. In questa realtà l’informazione ha perso di credibilità, ma non soltanto in Italia; pensiamo agli Stati Uniti o al Brasile con il presidente Bolsonaro. In questa situazione è emersa la voce libera del web, però incontrollata. Nell’ambito del digitale è necessaria un’opera di formazione culturale accurata perché anche nel digitale serve un’etica della informazione. Questa pandemia ha spento la luce su tutti, sui poveri, sugli immigrati, sugli errori dei governi. Ha mostrato tanta inadeguatezza, impreparazione e mancanza di responsabilità. Personalmente mi auguro che possa ancora diventare l’occasione per una riflessione più profonda. Il ruolo della stampa deve ritrovarsi perché ci sono giornali anche occidentali, non solo cinesi, che licenziano perché chi scrive non è in linea con certi “dictat editoriali”; in questa fase la categoria dei giornalisti è diventata molto più debole. Mi auguro che l’onda lunga della pandemia faccia riemergere il senso della responsabilità, dell’etica, della condivisione; non una situazione di controllo ma di giusta formazione anche nel web, soprattutto perché ci sono ancora tanti ragazzi che credono al valore della buona e vera informazione. 

Dr. Francesco Fravolini: Molto interessanti i focus delle precedenti relazioni sull’overbooking della comunicazione e della comunicazione confusa. Il peccato originale di questa pandemia nasce purtroppo dalla politica che non ha saputo gestire bene le diverse fasi e non ha trasmesso una certa tranquillità, non ha lavorato “insieme” ma facendo troppo la gara per apparire. Questo accentuato anche dai ruoli troppo personalistici di diversi presidenti delle regioni. Anche l’informazione digitalizzata si è trovata impreparata, perché non basta conoscere bene gli aspetti tecnici, ma avere un approccio culturale preparato alla comunicazione digitale. In sostanza la pandemia ha fatto emergere le falle del sistema Italia, ma non solo; negli altri paesi non è stato diverso. Vi è una mancanza di una visione di insieme, una visione comune di risoluzione dei problemi, soprattutto la capacità di gestire la paura. Dobbiamo chiederci se, di fronte ad un altro possibile virus di altro tipo, il sistema internazionale sarà in grado di reggere con una visione davvero di insieme? Se continuiamo a non avere “vision” come potremmo reggere? Per quanto riguarda il web il mio parere è che ha salvato molti aspetti; innanzitutto le relazioni che sono potute continuare grazie anche al web. E sul web dovremmo investire di più, non tanto in denaro, ma in cultura, in formazione, come stiamo cercando di fare; andando nelle scuole per trasmettere ai “nativi digitali” che è necessaria una cultura adeguata per gestire correttamente l’informazione digitale.    

INCONTRI DI PACE “Interdipendenza e Prosperità Condivisa: Crisi ed Opportunità per una Economia Equa e Sostenibile” con UPF Italia

Il 4° webinar della serie “INCONTRI DI PACE” organizzato da UPF Italia con la collaborazione di WFWP Italia e IAED, è stato seguito con interesse da 200 partecipanti in diretta più altri partecipanti su diretta streaming sulla pagina facebook UPF Italia e sul canale “ECO dei PALAZZI” che trasmette all’interno degli ambienti istituzionali di Camera e Senato. Nel primo giorno di inserimento della registrazione su pagina facebook UPF Italia sono state raggiunte 500 visualizzazioni. Il tema conduttore dell’incontro è stato “Interdipendenza e Prosperità Condivisa: Crisi ed Opportunità per una Economia Equa e Sostenibile”.

Hanno partecipato in qualità di relatori: Dr. Marco Ricceri (Segretario Generale EURISPES) – D.ssa Elisabetta Palmisano (Responsabile Uff. Stampa e Rapporti Istituzionali TECNOPOLO) – D.ssa Emanuela Reale (Direttore IRCRES- CNR Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica/Sostenibile) Prof. Stefano Bartolini (Docente Economia Politica ed Economia Sociale Università di Siena).  

L’incontro è stato presentato da Gabriella Mieli con il saluto ed introduzione al tema di Elisabetta Nistri, presidente di WFWP come co-sponsor; Carlo Zonato presidente UPF Italia ha moderato l’incontro ed ha spiegato il significato e lo scopo della IAEP; Franco Ravaglioli Segr. Gen.le UPF Italia ha introdotto le domande ai relatori mentre l’aspetto tecnico e di regia è stato condotto da Giorgio Gasperoni direttore responsabile di Voci di Pace.

Alcuni passaggi significativi degli interventi:

Elisabetta Nistri: Come mai delle organizzazioni impegnate per la pace parlano di ECONOMIA? Perché il sistema economico è una base fondamentale per il benessere degli individui, delle famiglie e della società. Quando ci sono ingiustizie, o quando il sistema economico è malato, c’è mancanza di posti di lavoro o i lavori sono mal retribuiti, è difficile parlare di pace o solo pensare che ci sia pace, anche se il paese ufficialmente non è in guerra con nessuno. Già prima dell’emergenza COVID 19, la situazione nel mondo non era ideale, infatti alcuni degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, includono l’argomento dell’Economia, come l’obiettivo 8 

Obiettivo 8: LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA. Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti, e 

Obiettivo 9: IMPRESE, INNOVAZIONE E INFRASTRUTTURE. Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile

La dott.ssa Moon nel suo impegno per la pace nel 2019 ha dato il premio Sun Hak Peace Price al dott. AKINOWUMI AYODEJI DESINA, scelto dalla giuria di esperti per il suo impegno a risolvere il problema della fame e della malnutrizione in Africa. Nato in Nigeria si sposta in USA per gli studi e dopo aver conseguito il dottorato il Dottor Desina è tornato al suo paese in Nigeria per insegnare e promuovere con grande successo, un sistema agricolo innovativo per risolvere il problema della fame che porta alla morte ancora milioni di persone nel mondo.

L’economia è Donna, un’espressione spesso da noi usata per intendere che in genere la gestione familiare delle finanze è gestita dalle donne, anche se per assurdo sono poi quelle più penalizzate e che hanno subito licenziamenti maggiori rispetto agli uomini, purtroppo.

L’economia è Donna che come una madre saggia cerca di gestire in modo equo le risorse pensando alle esigenze di tutti i figli, senza fare distinzioni o privilegi tra di loro, senza penalizzare quelli più in difficoltà, o quelli più sfortunati, pensando con saggezza al loro futuro. Altrettanto dovrebbe fare l’economia nel distribuire le risorse in modo equo con tutti i cittadini. D’accordo premiare la meritocrazia, ma c’è una forbice assurda tra lo stipendio di un calciatore e di un operaio, tra i vitalizi e le pensioni minime.

La globalizzazione ci ha fatto capire che davanti al nemico comune COVID 19 che attacca prima la nostra salute e poi di conseguenza il nostro intero sistema sociale non se ne esce da soli, ma solo combattendo insieme e sostenendosi a vicenda. Così anche l’Economia che già era in difficoltà prima ed è stata così messa in crisi dalle restrizioni del lockdown adesso, si potrà riprendere solo se saremo capaci di creare un sistema economico globale equo e sostenibile per il bene comune, dell’individuo e della famiglia.

Abbiamo bisogno quindi di programmi economici per affrontare il problema non solo dell’emergenza di adesso (se pur urgente ed importante), ma dei programmi per ristabilire un’economia sana, quindi che abbiano ampio respiro, che guardino al futuro e soprattutto tengano anche in considerazione l’impatto ambientale. 

Sono certa che non sono argomenti facili e che non ci sia una facile soluzione, ma penso sia importante avere la visione della direzione da prendere, perché in questo caso ogni piccolo passo avrà un grande impatto e ci porterà comunque in avanti. Troppo spesso ho visto fare e disfare e perdere tempo. Non possiamo più andare avanti a tentativi. Il tempo è adesso ……

Dr. Marco Ricceri: Le Nazioni Unite nel settembre dello scorso anno hanno pubblicato il loro rapporto quadriennale sullo sviluppo sostenibile lanciando un allarme preciso: “se non si accelera questo processo di sviluppo sostenibile si rischiano danni irreversibili al nostro sistema globale”. Un monito molto forte per i responsabili delle decisioni sia nella sfera pubblica che privata. La crisi del coronavirus ha messo in evidenza la fragilità dell’attuale modello di sviluppo. Nei prossimi mesi è opinione diffusa che potremo trovarci di fronte a notevoli difficoltà data la situazione di forte depressione cui siamo di fronte. Un secondo concetto è il termine sostenibile che vuol dire un modello di crescita che evita i punti di rottura rispetto a possibili squilibri sociali, ambientali o economici. Quindi serve una visione equilibrata di progresso. Il problema è che questi allarmi o possibili squilibri sono condivisi e confermati di comune accordo nei momenti di condivisione internazionale da tutti gli stati membri; nella realtà però riscontriamo continui conflitti, contrasti e guerre. E’ necessario quindi spostare l’ottica e le strategie su ciò che unisce piuttosto su ciò che divide. Un ulteriore elemento è contenuto in un documento sempre dell’ONU dove ci si chiede come si svilupperà il modello di globalizzazione. E’ un processo destinato a continuare o invece a regredire? Questo perché si stanno consolidando due fenomeni contrastanti; da un lato le tensioni e i conflitti animati dal sovranismo, dall’altro una serie di modalità di tipo collaborativo e di cooperazione. Da questo punto di vista le Associazioni ed i Governi dovrebbero promuovere decisamente verso un’ottica di cooperazione anche coinvolgendo l’opinione pubblica. Lo stesso fenomeno del coronavirus ha determinato da un lato chiusure e blocchi ma nella situazione di chiusura la gente in gran parte ha cercato nuove forme di collegamento, di cooperazione, di lavoro e di scambio. In ogni caso il concetto di sostenibilità richiede una “visione adeguata ed equilibrata” rispetto ai tre fattori fondamentali dello sviluppo cioè quello economico, sociale ed ambientale in una logica di visione integrata tra loro e non a compartimenti separati. Bisogna preparare le imprese verso questa prospettiva incentivandole verso una logica di bilancio integrato che tiene conto di questi tre fattori. Inoltre sensibilizzare l’intervento di governi per una programmazione di incentivi e sostegni ma indirizzati più che a uno sviluppo di quantità ad uno sviluppo di qualità.  

D.ssa Elisabetta Palmisano: Nell’ambito del Tecnopolo mi trovo a contatto con una realtà di circa 140 aziende incluse quelle dell’area agroalimentare. Dai dati di camera di commercio si evince che dall’inizio del covid e fino a circa ottobre purtroppo 35.000 aziende chiuderanno. Questo dipende da due aspetti di base: il primo che se dopo due mesi di chiusura una azienda è costretta a chiudere significa che non ha una politica seria ed oculata di bilancio, l’altro che si fa troppo affidamento ai finanziamenti bancari senza capitalizzare più solidamente i mezzi propri. Un altro fenomeno riscontrato è stato lo “smart working” che nonostante la ripresa delle attività, sta continuando anche grazie a disposizioni governative. Questo aspetto ha però costretto a chiusura tante altre attività indotte come i bar, le tavole calde etc. la cui attività girava intorno a questi poli industriali o tecnologici. Purtroppo certi impegni governativi dichiarati non sono tuttora operativi (cassa integrazione). Vi è la necessità di dotare le aziende di supporti consulenziali per formarle e prepararle più adeguatamente di fronte a situazioni di crisi. In ogni caso esiste una forte necessità di supporti finanziari perché possano andare avanti perché la situazione si presenta molto critica.

D.ssa Emanuela Reale: La pandemia ci sta facendo sperimentare degli effetti che definirei dirompenti sia per la salute in primis, ma poi per le conseguenze economiche ma anche psicologiche che ne conseguono. Per gli aspetti economici assistiamo ad una crescita che si è bloccata tra forte riduzione del PIL e forti perdite di posti di lavoro, oltre che ad una emergenza di liquidità finanziaria. Si parla meno degli effetti sociali con la chiusura delle scuole, il lavoro a casa etc. oltre che effetti psicologici come disturbi del sonno, incapacità poi di uscire e riprendere proattivamente i propri impegni, oppure fenomeni di ansie e depressioni fino a situazioni più estreme come l’intensificarsi della violenza domestica indotta dal confinamento. Questi fenomeni produrranno probabilmente i loro effetti più nel medio/lungo periodo. In questo scenario preoccupante stanno emergendo comunque una serie di “nuove consapevolezze” che noi stiamo registrando nel nostro lavoro di ricerca. La prima è che sta emergendo in modo più deciso  la consapevolezza di puntare ad un modello di sviluppo sostenibile; un’altra è che si tratta di acquisire maggiori competenze nell’uso della tecnica digitale ma che richiede un salto di qualità tecnologica come paese ed un grado più adeguato di formazione. La terza consapevolezza è la necessità più impellente di avere dati in modo rapido o addirittura immediato per poter gestire fenomeni imprevisti; nello stesso tempo fa emergere la necessità di trasparenza e affidabilità dei dati stessi legato questo alla qualità dell’informazione in senso lato. Come Italia ci troviamo in forte ritardo rispetto agli investimenti legati allo sviluppo digitale. Una ultima annotazione circa lo smart-working che se avviato per necessità in questa fase mostra opportunità di utilizzo future con diversi vantaggi se organizzato bene. In definitiva non dovremmo sprecare questo “momentum” di maggiori consapevolezze per reimpostare un nuovo sistema di “welfare” e di sviluppo sostenibile.

Prof. Stefano Bartolini: Complimenti per la scelta di un tema pienamente azzeccato. Il Covid ha innescato dei cambiamenti che posso senz’altro definire di portata epocale. Negli ultimi decenni noi abbiamo vissuto una utopia (neo-liberismo) secondo la quale lo sviluppo era garantito dal rafforzarsi dell’economia privata che diventa garante anche del buon funzionamento sociale. In questa dimensione il settore pubblico ha una importanza tutto sommato limitata. Il Covid però ci ha mostrato senza ombra di dubbio che una azione collettiva, di bene pubblico e quindi comune da salvaguardare è assolutamente vitale. In questo senso però esiste un problema di fondo che riguarda purtroppo milioni di persone che pensano che il problema covid non esista, non sia pericoloso; questa massa importante di persone si sta forse sottovalutando ma purtroppo il loro approccio rischia di essere “anti sistema” e frenante rispetto all’opportunità da prendere ora per un cambiamento concreto di sistema. Per evitare questo rischio dobbiamo presentare delle proposte vere, concrete di cambiamento di sistema perché questo chiaramente non funziona. Quindi proposte concrete, ragionevoli e fattibili per cambiare le cose.

https://vimeo.com/435062951 qui potete trovare il video dell’evento